IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza preliminare in data 4 aprile 1996; Premesso che il pubblico ministero in dala 13 dicembre 1994 ha chiesto il rinvio a giudizio di Quaceci Nicola per il delitto di cui all'art. 521 in relazione all'art. 519, secondo comma c.p. commesso il 1 novembre 1994; che questo giudice all'udienza del 12 ottobre 1995 ha disposto perizia ai sensi dell'art. 70 c.p.p.; che il perito ha accertato che "l'imputato e' affetto da ritardo mentale di grado medio, con deficit di comprensione e delle autonomie, e che per tale motivo le capacita' di partecipare al processo sono praticamente assenti, come pure le capacita' di intendere e di volere"; O s s e r v a A norma dell'art. 71 c.p.p. il giudice deve disporre la sospensione del processo se lo stato mentale (preesistente o sopravvenuto al fatto: sentenza Corte cost. n. 340/1992) dell'imputato non gli consente di parteciparvi coscientemente: sempre che non debba essere pronunziata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. Per altro verso, la Corte costituzionale, con sentenza n. 41 del 10 ottobre 1993, ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 425 c.p.p. nella parte in cui stabilisce che il giudice pronunzia sentenza di non luogo a procedere quando risulta (evidente: questa parola e' stata soppressa successivamente, con legge 8 aprile 1993 n. 105) - come in questo caso - che l'imputato e' persona non imputabile; ne consegue che: 1) nel caso di persona non imputabile al momento del fatto ma capace di partecipare al processo, questo ha una sua fisiologica conclusione nel giudizio di merito (giudizio abbreviato o dibattimento); 2) nel caso inverso di persona imputabile al momento del fatto ma successivamente incapace di partecipare coscientemente al processo, deve disporsi la sospensione del medesimo: peraltro razionalmente giustificata in quanto altrimenti potrebbe pervenirsi alla condanna di una persona incapace di difendersi e di percepire il valore della sanzione; 3) identico trattamento hanno i (ben diversi) casi come il presente, per i quali il combinato disposto delle norme sopra indicate comporta, senza alcuna valida ragione la sospensione indefinita del processo (che potra' avere conclusione soltanto con la pronunzia ex art. 150 c.p.), nonostante l'evidente sussistenza di una causa di non punibilita'. Ne deriva una ingiustificata (perche' non basata su esigenze di tutela di valori di pari o superiore dignita' costituzionale) violazione del principio di obbligatorieta' dell'azione penale, nonche' del diritto dell'imputato (inquadrabile nel generale diritto alla difesa sancito dall'art. 24 Cost., di cui sono espressione gli artt. 129 e 425 c.p.p.) ad essere immediatamente giudicato e prosciolto - in ogni stato e grado del procedimento - quando, per qualunque ragione, ne ricorrano i presupposti. Del resto, la ratio posta a base della sentenza della Corte costituzionale n. 41/93 non viene in gioco allorche', come nella specie, non permanga il benche' minimo dubbio sulla materiale attribuibilita' del fatto all'imputato nonche' sulle sue circostanze e modalita'. Sembra, conseguentemente, non conforme alla costituzione, per contrasto con gli artt. 24 e 112, il testo dell'art. 425 c.p.p., cosi' come risultante a seguito della sentenza medesima, nella parte in cui non prevede che nel caso di persona non imputabile al momento del fatto e incapace di partecipare coscientemente al processo, non debba emettersi, in esito all'udienza preliminare, sentenza di non luogo a procedere allorche' risulti evidente (come nella specie) la materiale attribuibilita' del fatto medesimo all'imputato. Pertanto, ritenuta, per quanto esposto, rilevante e non infondata la suindicata questione;